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Metti un diplomato maestro orafo all’Istituto d’arte, che è anche sarto artigianale, e fa la guida nei parchi avventura: aggiungi il sole di Napoli, il più bel mare del mondo, l’aria buona dei monti Lattari e del borgo di Lettere, nome che è un invito alla creatività. Miscela con quanto basta di graphic design e quel pizzico di romanticismo che fa apprezzare il vintage d’autore da Goldrake a Carosello, dal SuperTele al Cubo di Rubik, ed ecco la quadratura del cerchio, che qui però è un tondino, una spilletta di quelle che tutti ne abbiamo ancora almeno una, da qualche parte: e se ci fu allora chi ne predisse l’estinzione, ebbene la stessa cosa dissero della tv, dei blue jeans o di Mickey Mouse. Correva l’anno 2006, quando nacque iPins.it (che è una storia nella storia: sta per Internet Pin Store) e l’azienda vien su dal nulla, creata con un Mac g4 che potrebbe stare per quattro gatti o per garage quadrato. C’è, a Lettere, un mezzo quartino con una macchinetta manuale, e un dalmata un pò folle; poi sono due, le macchinette,

e poi cinque linee semi automatiche di produzione e di colpo si fanno 1.000 pezzi al giorno. Finché, dopo un altro po’, mille diventano i clienti: pubblicitari e case di moda, design e Onlus, artisti e semplici collezionisti. Se accetti il bollino sul retro della tua spilletta hai uno sconto, e tanti ci stanno: il contagio diventa virale, e ormai il traguardo dei due milioni di pezzi venduti è ormai lì, a una pin di distanza. E poiché da queste parti non si smette mai di iPinsare a inventare il futuro, ecco pronta la nuova gamma iPins®: prodotti ancora più innovativi e versatili, nuove creatività, e l’approdo su quei mercati esteri ancora immuni dalla febbre delle spillette: non il caso di UK o USA, dove le creazioni iPins sono già di culto. Si comincia con iPins Cover™, che cambia aspetto secondo il clima, l’umore o come si è vestiti, e lo fa in un attimo, come Clark Kent diviene Superman, o Wonder Woman ritorna Diana Prince È la pop culture, baby, e non puoi resisterle.